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Congregazioni religiose: concretezza e proiezione al futuro

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  • Crisi vocazionale ed economica impattano fortemente sulla vita delle congregazioni religiose, alle prese con un periodo complesso che smuove nel profondo prassi e consuetudini radicate da secoli.
  • Valorizzare il passato e pensare al futuro, agendo nel presente: le congregazioni religiose affrontano oggi una vera e propria sfida che, tuttavia, si può vincere e che nasconde al suo interno anche delle opportunità.
  • Crisi delle vocazioni e recessione economica stanno avendo forti ripercussioni sulla gestione del patrimonio immobiliare ecclesiastico. Gli immobili sono spesso troppo grandi e insostenibili.
  • Dalla vetustà degli edifici ai possibili abusi edilizi da regolarizzare, dalle caratteristiche strutturali alla rigidità dei regolamenti urbanistici: uno sguardo ai principali fattori critici legati agli immobili ecclesiastici.
  • Valutare l’effettiva utilità di un immobile ecclesiastico è fondamentale per stabilirne il futuro, così come indicato dalle diocesi. L’alternativa è metterlo a reddito o alienarlo (e non è sempre una sconfitta).
  • Strategia, lungimiranza, visione d’insieme: ecco come IMC Consulting supporta le congregazioni religiose in questo passaggio cruciale.

Sfide e opportunità

L’epoca che stiamo attraversando è turbolenta sotto molteplici punti di vista: economico, sociale, geopolitico. Gli equilibri sullo scacchiere mondiale si stanno modificando, così come le abitudini e le ambizioni delle persone, nonché il quadro valoriale di riferimento.

Tutto questo, a varie latitudini, ha un impatto inevitabile sulla vita delle persone, ma non solo. Anche le congregazioni religiose stanno vivendo un periodo complesso, che smuove nel profondo prassi e consuetudini radicate da secoli. Incrociando varie ricerche e analisi, emerge come nel giro di vent’anni il rischio (concreto) sia di avere la grande maggioranza degli edifici religiosi vuota. Del resto, molti lo sono già, con migliaia di case religiose e monasteri chiusi in Italia negli ultimi quarant’anni.

Insomma, è una vera e propria sfida, non è esagerato dirlo, che tuttavia si può vincere e che nasconde al suo interno anche delle opportunità. Si tratta di sviluppare, in tempi brevi, un modello previsionale che valuti il possibile scenario al quale andrà incontro la congregazione nel futuro prossimo, prendendo in considerazione diverse variabili. IMC Consulting, grazie all’esperienza e alle competenze maturate negli anni, può supportare le congregazioni religiose in questo passaggio cruciale: scopriamo come.

La gestione del patrimonio immobiliare ecclesiastico

Sono due le principali difficoltà che oggigiorno le congregazioni religiose si trovano ad affrontare: da un lato la crisi delle vocazioni, dall’altro la recessione economica. Questi due fattori congiunti stanno avendo forti ripercussioni sulla gestione del patrimonio immobiliare ecclesiastico¹. Tale patrimonio si suddivide in:

  • immobili appartenenti al patrimonio degli enti ecclesiastici (Santa Sede e diocesi): luoghi di culto e immobili dedicati prevalentemente alla vita religiosa (chiese, santuari, conventi, canoniche, ospizi e infermerie per religiosi);
  • immobili di proprietà di congregazioni religiose: conventi per la vita comunitaria e spazi utilizzati per le attività religiose e sociali alle quali si dedica l’ente (ad esempio strutture sanitarie, orfanotrofi, case famiglia, case di riposo, scuole, convitti, case per ferie).

Indipendentemente dalla tipologia, di frequente queste strutture si rivelano troppo grandi. Non solo per le esigenze abitative odierne di religiose e religiosi, ma anche per le attività pastorali collaterali (corsi di formazione, ritiri spirituali, vacanze). Spazi enormi non più sfruttati, non solo inutili, ma anche insostenibili in termini economici e manutentivi. Se in passato, infatti, le strutture erano del tutto gestite da religiosi a cui era corrisposto uno stipendio molto basso o nullo, oggi è necessario pagare personale laico a causa della carenza di figure interne alle congregazioni. Ciò, dati alla mano, ha determinato la chiusura di scuole, ospedali e case di riposo non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, dove si assiste alla medesima crisi delle vocazioni.

Fattori critici da tenere in considerazione

Oltre alla dimensione, tra gli altri principali fattori critici legati agli immobili ecclesiastici troviamo:

  • vetustà degli edifici e scarsa o assente manutenzione nel corso del tempo;
  • abusi edilizi, che vanno regolarizzati prima dell’alienazione o della valorizzazione;
  • caratteristiche strutturali che talvolta non consentono il cambio di destinazione da convento ad altro, per esempio corridoi lunghi e larghi con mura portanti di spina;
  • regolamenti urbanistici molto rigidi che non permettono cambi di destinazione, sia in Italia che all’estero.

Un quadro, insomma, non roseo. Anche perché le congregazioni religiose si trovano di frequente a non avere le risorse per affrontare le opere di ristrutturazione necessarie a garantire la sicurezza e l’efficienza degli edifici, adeguandoli alla normativa vigente. Spesso, inoltre, queste opere vedono l’intervento della Soprintendenza ai beni e alle attività culturali, con il conseguente allungamento delle tempistiche per l’ottenimento di permessi e documenti.

Possibili soluzioni e nuove vie da percorrere

Alla luce delle problematiche appena descritte, le diocesi hanno fornito, negli ultimi anni, alcune linee guida valide nella maggior parte dei casi.

  • Innanzitutto, va valutato se un immobile è realmente funzionale allo svolgimento delle attività pastorali.
  • In secondo luogo, qualora l’edificio in questione risultasse non necessario a tale scopo, l’indicazione principale è metterlo a reddito o alienarlo.

Con l’alienazione, il bene potrebbe non essere più ecclesiastico, ovvero non più al servizio della Chiesa. Se la scelta ricade sull’alienazione, nella vendita va data la priorità a un’altra congregazione religiosa o ad enti senza scopo di lucro che operano nel sociale e che abbiano necessità di spazi per lo svolgimento delle proprie attività. Qui sta un grande salto culturale: infatti, l’alienazione non è sempre una sconfitta, ma può, anzi, rivelarsi una risorsa. Per esempio, quando il guadagno ottenuto con la vendita dell’immobile viene reinvestito in progetti per le finalità e il carisma della congregazione.

I servizi di IMC per le congregazioni religiose

Stabilire le sorti di un immobile ecclesiastico è una faccenda delicata. Per questo, andrebbe affrontata con la giusta strategia e in un’ottica lungimirante. IMC considera una congregazione religiosa, sebbene talvolta divisa in Province che godono spesso di una certa autonomia, come un’unità. Questa visione di insieme consente di comprendere complessivamente se una congregazione sta crescendo o se, invece, si sta riducendo sia in termini di membri, sia di patrimonio.

IMC sviluppa, dunque, un modello previsionale che va a delineare un possibile scenario per la congregazione religiosa in un arco temporale anche fino a 50 anni. Questa operazione parte innanzitutto dall’analisi del patrimonio della congregazione religiosa e passa attraverso una fase di consapevolizzazione da parte di quest’ultima.

Valorizzare il passato e progettare il futuro, oggi

“Qual è la redditività e il valore del nostro patrimonio complessivo?”: questa è la prima domanda da porsi. Una volta stabilito il valore del patrimonio immobiliare e mobiliare, si fa un passo ulteriore, verificando se la congregazione ha entrate e risorse sufficienti per sostenersi. Quindi, si valuta insieme la possibile diversificazione degli investimenti e come incrementare le entrate. Al contempo, si riflette sulle spese che possono essere contenute o eliminate, considerando quali immobili mantenere, quali ristrutturare e quali vendere.

Tutto ciò è possibile solo se si riesce a creare una certa armonia e unità d’intenti nei consigli generali e direttivi delle congregazioni religiose e dei consigli diocesani. Si tratta di un aspetto centrale, cui, non a caso, IMC dedica una particolare attenzione. Accanto alla professionalità servono, infatti, capacità d’ascolto e sensibilità. Solo così si può davvero ottimizzare il patrimonio della congregazione, valorizzarlo e progettare insieme il suo domani.

 

NOTE
¹ Una recente analisi di Scenari Immobiliari per Il Sole 24 Ore su dati dell’Agenzia delle entrate ha quantificato lo stock immobiliare che fa capo agli enti ecclesiastici in quasi 46mila immobili (categoria catastale B/1 e B/7) tra immobili destinati alla vita comunitaria della congregazione religiosa e beni funzionali allo scopo per cui l’ente è stato fondato (strutture sanitarie, orfanotrofi, case di riposo, scuole, ecc.). Si stima che il 30-40% di questi beni sia vuoto o sottoutilizzato e che circa il 40% versi in un cattivo stato di manutenzione. Vi sono, poi, gli immobili del Vaticano gestiti dall’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica: circa 4mila unità immobiliari in Italia, secondo il Bilancio Apsa 2022.

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