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Come fare una verifica di interesse culturale

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  • Quando procedere alla verifica di interesse culturale? Per gli enti ecclesiastici, in caso di ristrutturazione, locazione o alienazione di immobili.
  • Gli enti ecclesiastici o non profit sono quelli che hanno l’obbligo di procedere alla V.I.C.
  • Dopo aver verificato la conformità urbanistica, catastale e amministrativa, si procede con la domanda al ministero della Cultura. Ma solo se l’immobile ha più di 70 anni e il suo autore non è più in vita.
  • L’immobile si considera di interesse culturale, quindi vincolato, sino a quando il ministero della Cultura non delibera che non lo sia. Da ciò deriva una serie di ulteriori obblighi.

Gli enti ecclesiastici: sfide e obblighi della contemporaneità

Ristrutturare, affittare o alienare? In certi casi, gli enti ecclesiastici, le congregazioni religiose e il Vaticano si trovano a dover affrontare scelte complesse in merito ai propri beni immobiliari. Si tratta di decisioni di vitale importanza, come evidenziato in un precedente articolo. Soprattutto in un’epoca come quella attuale in cui il mondo religioso è scosso da una doppia crisi: da un lato quella vocazionale, dall’altro quella economica.

Le congregazioni, gli istituti secolari, gli enti non profit, il Vaticano e le diocesi che si trovino a dover ponderare opportunità di questo tipo hanno l’obbligo, in caso di ristrutturazione, locazione o alienazione, di procedere alla cosiddetta verifica di interesse culturale. Tale pratica è disciplinata, in Italia, dal Codice dei beni culturali e del paesaggio¹, noto anche come Codice Urbani. Questo insieme di norme attribuisce al ministero dei Beni e delle Attività culturali tutte le attività di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese. Ma come si individua l’interesse culturale di un bene? Vediamo i punti salienti della procedura.

Chi deve fare richiesta di verifica di interesse culturale?

Innanzitutto, dobbiamo chiederci quali siano i soggetti che devono procedere alla verifica di interesse culturale. Secondo il Codice Urbani, deve essere eseguita dagli enti ecclesiastici legalmente riconosciuti. Con questa formula ci si riferisce a tutti gli enti costituiti o approvati dall’autorità ecclesiastica, con sede in Italia, che abbiano fine di religione e di culto e che siano riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili dallo Stato italiano.

Va sottolineato che, quando si parla di enti religiosi, ci si riferisce a istituzioni e associazioni con carattere ecclesiastico, ovvero legate alle confessioni religiose, ma agenti nell’ordinamento civile. Potremmo, cioè, definire gli enti religiosi il “braccio operativo” degli enti ecclesiastici. Non a caso, il Codice del terzo settore², in vigore dal 2017, si riferisce espressamente agli enti religiosi. Per accedere al Registro unico nazionale del terzo settore (RUNTS), infatti, un ente deve svolgere attività di interesse generale (art. 5). Ciò si concretizza nel perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Ciò mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di questo tipo in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

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Primi passi e buone prassi

Passiamo ora all’oggetto della verifica di interesse culturale. Nel caso di immobili, il bene deve essere stato costruito da più di 70 anni ad opera di un autore non più vivente. Talvolta, però, può essere difficile stabilire la data precisa di costruzione di un immobile, soprattutto in mancanza di documenti validi e registrati. Qualora, dunque, ci fossero dei dubbi in merito, è prassi procedere comunque alla verifica.

Prima di farlo, però, è fondamentale verificare lo stato degli immobili sotto il profilo urbanistico, catastale e amministrativo. La domanda di verifica di interesse culturale, dovendo allegare le planimetrie catastali, infatti, cristallizza eventuali difformità e abusi. Qualora l’immobile non sia regolare sotto tutti i profili, è buona prassi in primo luogo procedere alla regolarizzazione e, quindi, alla V.I.C., senza la quale un immobile che ricada nelle categorie sopra menzionate non è compravendibile.

La procedura di verifica dell’interesse culturale

La procedura di verifica di interesse culturale consta innanzitutto di una domanda, che l’ente deve presentare al ministero della Cultura in 4 copie cartacee firmate dal suo legale rappresentante. La domanda deve essere corredata, sia in formato cartaceo sia in quello digitale, da:

  • riepilogo dei documenti presentati;
  • descrizione storica e strutturale dell’immobile (va indicata l’eventuale presenza o assenza di elementi di pregio);
  • visura catastale ed estratto di mappa;
  • 10 foto, sia di interni sia di esterni;
  • certificato UTG (Ufficio territoriale del governo) del legale rappresentante;
  • documento in corso di validità del legale rappresentante.

Le congregazioni religiose e gli enti ecclesiastici devono presentare la domanda completa presso la diocesi entro cui è collocato il bene (nel caso si trovi a Roma, ci si dovrà rivolgere al vicariato). La diocesi o il vicariato provvederanno all’invio cartaceo e telematico della domanda al ministero, che ha 120 giorni per dare una risposta.

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La risposta del ministero e le conseguenze dell’interesse culturale

La risposta del ministero della Cultura può essere di due tipi.

Qualora l’immobile non sia ritenuto di interesse culturale, non sarà vincolato e si potrà, quindi, procedere liberamente alla sua ristrutturazione, locazione o alienazione.
Se, invece, l’immobile risulterà essere di interesse culturale, sarà vincolato e tale vincolo verrà trascritto in Conservatoria.

La presenza dell’interesse culturale implica una serie di obblighi per l’ente. In primis la necessità di ottenere il nulla osta della Soprintendenza per lavori di ristrutturazione. In caso di alienazione, donazione o permuta, bisognerà presentare al ministero una nuova domanda di autorizzazione al trasferimento del bene. Ancora, si dovrà tenere in considerazione il fatto che lo Stato ha il diritto di prelazione per l’acquisto del bene, se il trasferimento sia a titolo oneroso. La prelazione prevale anche su quella in capo alla Segreteria di Stato del Vaticano.

 

NOTE

¹ Per approfondire: Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio

² Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 e ss.mm.ii, Codice del Terzo Settore

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